La settimana scorsa, a Roma, davanti a una sala gremita, tra interventi molto riusciti, alcuni, e meno riusciti altri (ma ci vuole tanto a capire che il testo giallo sullo sfondo bianco non si legge neppure dalla prima fila?) è stato presentato il Rapporto 2015 Qualivita ISMEA. Come ogni anno, offre una fotografia del comparto food & wine italiano concentrandosi sulle indicazioni geografiche. Tra i dati più rilevanti emersi, il valore della produzione food&wine che raggiunge i13,4 miliardi di euro (con una crescita del +4% rispetto al 2014). Le esportazioni di tutto il comparto contano invece per 7,1 miliardi di euro (+8,1%) e rappresentano il 21% del totale delle esportazioni agroalimentari italiane.
In generale, il sistema delle Indicazioni Geografiche vede l’Italia leader a livello mondiale – in altre parole, siamo quelli che certificano più di tutti e certifichiamo tutto il certificabile – al punto che non c’è un comune in tutto il paese che non abbia almeno un prodotto certificato. Da tutto questo sistema deriva una costellazione di consorzi più o meno grandi, più o meno attivi, come è stato fatto notare anche durante la mattinata di lavori.
Tornando ai numeri, che fra l’altro, complice la moda delle infografiche sono stati rappresentati in modo assai intuitivo, a trainare le esportazioni è come sempre il settore del vino, in crescita del 4%, che rappresenta 4,3 miliardi di euro. I dati più recenti vedono il confermarsi del “fenomeno Prosecco”, in forte crescita a volume e in misura minore a valore (a riprova che si tratta di una categoria in cui la gara è basata fortemente sul prezzo). Non a caso, le esportazioni di spumanti DOP e IGP sono cresciute in maniera molto diversa se parliamo di variazioni a volume e a valore: +22,7% a volume e + 17,2% a valore per le DOP, su dati 2014/2013 e addirittura e + 30,6% a volume contro un +8,1% a valore per le IGP confrontando lo stesso periodo. In altre parole la certificazione non sempre riesce a tutelare la valorizzazione della qualità.