Qualche settimana fa ho ricevuto la segnalazione da parte di un lettore di un post che aveva scritto su un format di enoteche lanciato in Olanda 3 anni fa da Grape District ispirandosi in modo quasi letterale a quanto fatto prima negli Stati Uniti da Best Cellars. Si tratta di un format che presenta diversi elementi interessanti: abbiamo innanzitutto il vantaggio/limite di una selezione “ristretta” di etichette, circa 130. Una vera e propria razionalizzazione delle referenze che si traduce nel vero elemento distintivo del format e cioè il fatto che tutti i vini sono suddivisi per categorie facilmente comprensibili da chiunque, incluso il consumatore frastornato in mezzo all’offerta immensa di vini, quello che non sa mai cosa acquistare, cosa abbinare e così via. Un format perfetto per chi come me quando entra in un negozio di vestiti scappa appena si avvicina una commessa che offre il suo aiuto.
Alberto, che ha scritto questo post, è largamente a favore di questo formato che va incontro alle esigenze di chi non è esperto e non si considera tale (potremmo stare a parlare di ore di chi non lo è ma non lo riconosce!). Personalmente, credo che uno degli aspetti piacevoli delle enoteche sia quello del rapporto umano con il titolare del negozio – il consiglio, insomma – e della ricchezza di assortimento rispetto all’ipermercato più ricco. In questo senso non condivido totalmente l’opportunità di utilizzare un format del genere anche in Italia. A voler prendere due piccioni con una fava basterebbe mettere in evidenza, magari mese per mese, un po’ di etichette scelte dall’enotecaro e suddivise per le stesse categorie di cui sopra, ma ho idea che questo già si faccia. Piuttosto, forse sarebbe il caso che questo approccio venisse applicato proprio negli ipermercati e supermercati dove l’offerta è più ridotta e manca sempre il personale in grado di consigliarti. Ecco, lì sì che ci vorrebbe una cosa del genere, tanto più che quando uno fa la spesa al supermercato ha davvero poco tempo e non ha certo la voglia di mettersi lì a scegliere con calma il vino più adatto.
a me piace, perche’ e’ semplice. Chi vuole una scelta vasta ovviamente andra altrove, ma per il 90% del pubblico puo’ essere una risorsa importante.
a proposito di format possibili, segnalerei anche questo:
http://www.aisnapoli.it/archives/2211
Dopo 5 anni di attività: stop, riflessione… Cambio di rotta….Rinizia una fase creativa: sorgono nuove idee, nuovi progetti.
La mia enoteca si trova a Torino sona a due passi dal centro ma non in una via dello shopping più trendy. L’offerta è piuttosto vasta, circa 600 etichette. Mai abbastanza per soddisfare le esigenze dei clienti. Ma che fare? Andare alla ricerca di tutti i vini in commercio per vendere di tutto e di più? Nooo basta. La mia nuova direzione sarà quella di concentrarmi sulla promozione del territorio piemontese puntando sull’enogastonomia locale.La scelta dei prodotti sarà quindi di provenienza esclusivamente piemontese. Difficile trovare una sinergia con i produttori, i consorzi e le enoteche regionali. Pare che qui in Piemonte “fare sistema” non è un concetto che rientra negli usi e costumi sabaudi…
Ma questa è la carta vincente? Ce la farò?
Rinaldo, grazie della segnalazione!
Gianpaolo, è semplice sì, ma allora aggiungo che chi seleziona i vini deve essere non preparatissimo, di più! In grado di stuzzicare la fantasia e rassicurare insieme. Sarà che la sera prima di aver scritto quel post ero rimasta scottata dopo aver visitato un wine bar nel centro di Roma, in una zona dove il pubblico rientra proprio in quel 90% che dici tu. La scelta che hanno fatto era di un centinaio di etichette in carta e una decina in mescita. Beh, quelle in mescita mi sembravano tutte piuttosto simili, tutte noiosette, al punto che m’è quasi passata la voglia persino di guardare la carta dei vini in bottiglia… E pur stando in centro non lavorano solo con i turisti ma hanno un 50% di clienti romani quindi il cliente potrebbe aver voglia e possibilità di tornare…
Raffaella, grazie mille per aver condiviso questa tua scelta su questa pagina. Ce la farai? Te lo auguro di cuore, anzi, tienici aggiornati, io di sicuro sono curiosa!
In bocca al lupo,
Slawka
Purtroppo non solo in Piemonte non si riesce a “fare sistema”. Probabilmente perchè manca la sufficiente volontà o l’autorevolezza dei soggetti che dovrebbero darne l’input.
Sulla questione fare sistema sono d’accordo con Rinaldo – non è un problema esclusivamente piemontese e se è per questo non è neppure un problema del solo vino… Sono arrivata da tempo a pensare che l’unica è rimboccarsi le maniche e prepararsi a creare da soli il proprio sistema, la propria rete… Serve sicuramente più sforzo ma ci si può riuscire!