Vino e social network, da qualche anno a questa parte a ogni Vinitaly se ne parla e si spera che si continuerà a parlarne anche in futuro – magari fornendo anche una connessione wifi libera? Ahahaha! E tra i vari incontri, tra una corsa e l’altra, sono riuscita a partecipare a quello dal titolo L’Impronta digitale del vino. Purtroppo la presentazione di Elena Bilisco che ha citato le tendenze di mercato (social network, crescita del mercato mobile, soprattutto in Italia, e dell’uso del mobile internet, ecc) l’ho trovata poco vicina al settore vino – anche i casi citati, come Esselunga, Alfa Romeo e Danone… Boh, a sentirne parlare così, se fosse stata la prima volta, avrei pensato che il social media marketing non si possa applicare al vino che ha aziende di dimensione media molto minore rispetto a questi colossi.
Più utile e concreta la presentazione di David Casalini che in pochi punti è riuscito a spiegare quali sono i loro requisiti fondamentali affinché le applicazioni per smartphone abbiano successo. Eccole qui:
- Identificare bene il problema: a cosa serve l’applicazione? La differenza la fa già il nome/titolo dell’applicazione stessa, che deve proprio renderne evidente l’utilità.
- L’applicazione deve funzionare, già nella versione beta. Quest’ultima non deve essere una versione con bug, ma un’anteprima, anche se magari non sono ancora tutte attive le funzioni. L’esperienza dell’utente deve funzionare.
- Semplicità: non bisogna chiedere a un’applicazione di fare troppe cose, meglio poche cose fatte bene puntando a usability, facilità di utilizzo.
- Aggiornamenti: l’app deve essere aggiornata
- Social: l’app deve essere social, gli utenti devono essere resi partecipi, devono sentirsi parte di una comunità.
Segnalo poi gli interventi di Italo Cocco di Misiedo (un sito che permette di prenotare online il tavolo al ristorante e speriamo che arrivi presto anche a Roma) e di Sergio Cocco [no parentela] che invece era tra i promotori dell’evento e ha lanciato in occasione del Vinitaly WineAmore, una nuova applicazione per tablet: un menu sfogliabile in più lingue che permette di presentare in modo più approfondito anche le piccole aziende, oltre ai soliti nomi blasonati, e di raccontarlo. Ottima sintesi, molto apprezzata. A entrare ancora più nello specifico del rapporto tra social network e aziende vinicole c’era Pamela Guerra che ha evidenziato la valenza emozionale che ha acquisito il vino – abbandonando la funzione di semplice alimento – e che per questo si presta a essere raccontato, condividendo emozioni e sensazioni, anche attraverso il social network, prendendo da esempio iniziative come Tweet Your Wines. Dopo tutto i “social media non sono tecnologie, sono ambienti,” (Boccia Artieri) e in questi ambienti si può creare una relazione tra consumatore e azienda (anche piccola, senza chiamarsi necessariamente Danone). Il bello è proprio questo.
Credo ci sia ancora tanto da esplorare per capire cosa possano realmente fare queste nuove tecnologie per il mondo del vino.
Sono assolutamente d’accordo che essendo il vino un prodotto “emozionale” ben si presta ad essere promosso attraverso una forma di marketing quale il “social media marketing” che fa dell’emozione una delle principali leve per la condivisione.
Il vino è un prodotto mediatico, il calice che si riempie attraverso il confine dello schermo e ci colpisce con un odore che è il frutto di questa grande emozione.
Bisognerebbe lavorare su filmati di grande qualità per toccare queste corde. L’importante è che si arrivi a comprendere quanto questa forma di marketing possa essere efficace per poi decidere di investirci.
L’idea è interessante, ma non è che si sta andando troppo oltre? In un mondo così tradizionalista come quello del vino parlare di app, quando a fatica si riesce a far entrare il concetto di blog o di sito web non è un po’ prematuro?
Parlo della situazione Italiano ovviamente. Immagino che in altri paesi dove la maturità informatica è diversa la cosa potrebbe avere maggiori riscontri.
Fabrizio