«Slawka, ricordati che le persone che fanno parte della tua squadra hanno tantissime altre cose urgenti da fare. Devi fare in modo che siano così felici di lavorare con te al tuo progetto da mettere da parte il resto». Del mio primo stage, questa è la lezione che ricordo ancora, a distanza di ormai tantissimi anni. La motivazione, in un progetto, fa tutto, vince su tutto. Vince pure sul tempo che è sempre poco. Se c’è motivazione si è pronti a rubare anche un po’ di ore al sonno pur di portare a compimento un risultato.
Oggi ho la fortuna di lavorare a progetti che mi interessano e con persone che stimo e per cui vale la pena fare un extra sforzo quando necessario. Da cosa dipende però la motivazione? Ci sto ragionando da un po’ e vedo due fattori fondamentali. Ecco dunque le mie due P della motivazione:
- Progetto – la bellezza del progetto è essenziale. Se piace il progetto, se si trova affine ai propri interessi e obiettivi presenti e futuri, va da sé che ci sarà la motivazione a portarlo avanti e a impegnarsi. Se il progetto è poco stimolante, invece si troveranno scuse, mancherà il tempo, ci saranno cose più importanti o urgenti. Fare una buona scelta dei progetti da sposare è essenziale.
- Persone – la squadra è altrettanto importante, forse addirittura di più. In assenza di una squadra composta da persone che si stimano, con cui si lavora bene, con cui ci sia un’ottima atmosfera lavorativa, un progetto può essere bellissimo ma la motivazione scarseggerà. Quante volte capita di tirare a lavorare fino a tardi perché si sa che anche gli altri stanno facendo altrettanto, e non si vuole essere da meno? Allo stesso modo, se si ha la percezione di essere gli unici a fare certi sacrifici, la motivazione calerà precipitosamente. Se manca il riconoscimento dello sforzo di alcuni a favore di altri, la squadra si sfalda. La motivazione sparisce.
EDIT su suggerimento di Clara Grossi di OmniaCongressi: ovviamente qui non si parla tanto di simpatia delle persone quanto di affidabilità e serietà. Se una persona non è affidabile, se non rispetta il lavoro altrui, se non lavora con serietà, può essere simpatica quanto ti pare ma appena possibile si cercherà di uscire dal progetto.
Ecco perché nella formula che vedete nella figura i due fattori non si addizionano ma si moltiplicano: se avessi un livello di persone coinvolte nel progetto pari a 0 (zero), va da sé che verrebbe azzerata anche la parte di motivazione legata al progetto.
E i soldi? Li ho considerati come un coefficiente, SA, che è funzione in realtà di due fattori: i soldi ma anche il senso di appartenenza al progetto. Se sento il progetto “mio”, sarò disposto a guadagnare meno, e la motivazione non verrà penalizzata. Un imprenditore sarà disposto a investire più tempo in un progetto perché è suo. Allo stesso modo, un volontariato sarà pronto a lavorare sodo pur sapendo che non è previsto alcun compenso.
Il senso di appartenenza ovviamente non ha nulla a che vedere con la promessa di visibilità con cui a volte si cerca di coinvolgere persone in un progetto senza pagarle…
Questo è un modello work in progress, per cui ogni suggerimento è benvenuto: se avete altri fattori che vi motivano a lavorare bene, a dare il meglio, se credete che ci siano elementi più importanti che non sono stati presi in considerazione, segnalate pure.