Io sono una purista. Almeno quando si parla di arte. Ancora di più quando si parla di arte e vino. Sarà che, figlia di una pittrice professionista, sono nata nell’arte, con mia madre che si districava tra il crescere me a tempo pieno (e poi mio fratello) e portare avanti una vera carriera pittorica – niente hobby della domenica, per carità – sempre a tempo pieno.
Così quando leggo certi titoli nei comunicati le mie aspettative sono alte, e se non vengono rispettate la delusione è tanta. Ho letto giusto stamattina un titolo che si è rivelato sensazionalistico: Il futurismo a Cantine Aperte. A organizzarlo è una grande imprenditrice ma anche comunicatrice del vino, Donatella Cinelli Colombini, che ha deciso di celebrare in cantina il Futurismo nella prossima edizione di Cantine Aperte. A leggere il titolo, a leggere le prime righe del comunicato viene in mente che sia riuscita a trovare delle opere di Boccioni o Balla. Macché: il futurismo è una semplice “scusa” per far fare un’etichetta in serie limitata da un grafico pubblicitario/pittore di Siena che si è ispirato al Futurismo. Oltre a questa ispirazione futurista ci saranno in mostra anche le opere d’arte d’ispirazione futurista eseguite dai docenti e dagli allievi dell’Istituto d’Arte Duccio di Buoninsegna di Siena. Beh, il Futurismo è un’altra cosa, soprattutto perché c’era un’ideologia dietro a quel movimento, un pensiero ben definito che era stato il frutto di un momento storico ben preciso e distante da quello che viviamo ora.
Non so, ma a me questa è sembrata l’ennesima forzatura markettara che cerca di sfruttare la scusa dell’arte per vendere lo stesso prodotto. Insomma, più che arte e vino un’azione di marketing territoriale. Ma forse stamattina non avrei dovuto fare colazione con lo yogurt.