In questi giorni in cui tantissimi stanno cambiando gli avatar su Facebook mettendo foto riprese dai cartoni animati con cui siamo cresciuti mi è venuto da pensare a quanto Facebook riesca a muovere le persone e al tempo stesso al livello bassissimo dei contenuti che si trasferiscono (a volte, non sempre). Già, perché io ho letto di persone che parlavano di quest’ultima iniziativa come di “giochino”, e solo pochi, pochissimi, hanno avuto l’accortezza di spiegare da qualche parte che il motivo per cui facevano questo cambio era per generare awareness attorno alla Giornata Internazionale per i Diritti all’Infanzia e all’Adolescenza. Sia ben chiaro, io non mi metto a dire che queste persone sbagliano, è il messaggio che, come nel gioco del telefono, arriva solo in parte e chi partecipa senza sapere di cosa si tratta è banalmente “vittima” di queste informazioni asimmetriche. Così un’iniziativa che (forse, o forse era solo strumentalizzata) partiva con un buon intento, è diventata una banalissima catena di san’antonio (non serve il maiuscolo in questo caso, vero?). Stessa cosa per lo status-teaser del colore del reggiseno, l’anno passato, e quello di dove mi piace mettere la borsa quest’anno. E anche lì arrivavano inviti a partecipare ma solo il 50% spiegava che si trattava di una campagna di sensibilizzazione per la lotta al tumore al seno. Come marketer, e come persona che da sempre si interessa alle campagne sociali (ho iniziato così, il mio primissimo intervento durante una sessione di brainstorming in Saatchi & Saatchi a Londra – la sudorazione post adolescenziale a mille, il viso rosso rosso per l’imbarazzo di parlare davanti a tutti – riguardava proprio l’associazione inglese nella lotta alla sclerosi multipla per poi passare, pochi mesi dopo, a curare alcuni dei progetti di Dash Missione Bontà) questa realizzazione mi lascia un po’ di amaro in bocca. E così, nella Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza preferisco chiudere questo post segnalando una delle associazioni di volontariato che più amo: l’ABIO, Associazione per il Bambino In Ospedale. L’ABIO ha l’obiettivo, attraverso i suoi volontari, di portare il sorriso a tutti i bambini in ospedale e far sì che l’ospedale diventi sempre più un luogo a misura di bambino. Li conosco perché sono stata volontaria con loro per un anno e mezzo e so quanto investono anche nella formazione stessa dei volontari. Se volete fare qualcosa per loro, e rimanere su Facebook, andate sulla loro pagina e cliccate su Like.