Ah, le retro-etichette! A chi è del mestiere sarà capitato decine di volte che qualcuno gli abbia chiesto, con aria a volte trasognata, a volte un po’ confusa: ma quelle descrizioni dietro le bottiglie, chi le scrive? Gli abbinamenti, gli aneddoti… Originali, pompate, didascaliche, banalissime, minimaliste, indimenticabili, approfondite fino all’inverosimile oppure sfruttate poco o male, le retro-etichette sono lo spazio bianco sul quale si può finalmente comunicare il vino oltre i limiti di legge* e direttamente sulla bottiglia.
E in questa moltitudine di opzioni ormai da quattro anni quelli di Santa Margherita portano avanti uno dei miei progetti preferiti, sarà che unisce vino e racconti e che è uno dei pochi premi letterari in Italia dove non cercano di estorcere soldi ai partecipanti, anzi! Così anche quest’anno si è concluso il premio letterario Santa Margherita, in collaborazione con Feltrinelli, che vedrà tre racconti brevissimi sul vino apparire nelle retro-etichette di centinaia di migliaia di bottiglie. Tirature alla Dan Brown insomma. La premiazione si è svolta martedì scorso nella cornice tutta kitsch e design del Boscolo Hotel di Milano, a due passi da San Babila e a quattro dal Duomo (ben in vista dalla terrazza dove si sorseggiava il nuovo Prosecco 52). A vincere, il racconto “Un bicchiere di parole” di Stefano Bianchi, seguito da Sebastiano Carron e da Serena Stringher. Quest’anno poi ero in giuria e dopo aver letto i racconti in gara devo dire che una cosa mi è piaciuta in particolare: non so chi fossero i partecipanti perché i racconti mi sono arrivati tutti anonimi e ho letto i curriculum dei vincitori giusto sul comunicato stampa finale, ma forse non erano esperti del settore… già, perché finalmente si è comunicato il vino con entusiasmo ma senza tecnicismi, in modo accessibile a tutti e al tempo stesso cercando di trasmettere le tante emozioni che si possono provare bevendo un buon bicchiere. Magari tutte le retro-etichette fossero così!
*ok, fino a un certo punto.