L’altra settimana, nell’ambito della 33a settimana enologica di Montefalco, si è tenuta tra le altre una tavola rotonda su un tema a me caro, quello del vino (e del territorio) al tempo del web 2.0. La location era quella del chiostro di Sant’Agostino dove si tenevano anche i seminari e le degustazioni, con un buon gruppo di presenti in platea che sono andati scemando giusto mentre tramontava il sole e calavano precipitosamente le temperature. Segnalo di seguito alcuni dei punti più interessanti, emersi durante la discussione con alcune mie considerazioni. Si è parlato ovviamente di ascolto, perché ormai si sa, parlare di web 2.0 senza ribadire che le aziende devono ascoltare le conversazioni che nascono online non avrebbe senso. Ma, in particolare, Alessio Carciofi, coordinatore di Umbria on the Blog ha anche aggiunto che non si può essere sui social network se non si ha il prodotto, “bisogna mantenere la promessa, far fede a quanto si è detto sui social network.” Il prodotto innanzitutto, dunque. Così non basta internet, e qui concordo perfettamente: bisogna innanzitutto che i vini siano di qualità, e, per quanto riguarda il turismo enogastronomico, bisogna che i servizi siano all’altezza delle aspettative. Servizi, aggiungerei, che includono la ricettività in senso stretto – agriturismi, ristoranti, enoteche, cantine e frantoi – ma anche infrastrutture come strade, mezzi di trasporto, musei e altre attrattive artistiche e, non ultima, la segnaletica.
Betsy Andrews di Saveur ha invece parlato del pubblico americano, avanzato più tecnologicamente che culturalmente (l’ha detto lei, ho la registrazione), anche in riferimento a cibo e vino. A detta sua, le storie legate alla cultura enogastronomica possono avere un grande appeal per il pubblico americano, storie che i produttori hanno il “dovere” di raccontare al pubblico americano. “È importante che i produttori di vino lavorino in stretta collaborazione con chi produce prodotti gastronomici, cercando di far vivere delle esperienze agli ospiti (giornalisti) che vengono a trovarvi, magari invitandoli per la vendemmia o la raccolta delle olive.” Così bisogna considerare il web da due punti di vista: quello visivo, e quello dell’immediatezza. Parlare attraverso le immagini diventa fondamentale, per creare un’esperienza, anticiparla.
Marco Sabellico ha invece raccontato la sua esperienza col Gambero Rosso e la trasformazione da pubblicazione cartacea a editore multimediale, sia con la televisione e i social network, sia con l’organizzazione di eventi anche in giro per il mondo e dei prodotti editoriali a essi associati. Secondo Sabellico in futuro i prodotti editoriali cartacei rimarranno, ma saranno un 20% del totale, pubblicazioni belle e curate, da collezionare, un po’ come i vecchi vinili.
Quello che è emerso in tutti i casi, è stata comunque la necessità per i produttori di raccontarsi ai propri consumatori offrendo contenuti interessanti. E quindi ben vengano anche le belle foto, per la loro immediatezza e per la capacità di raccontare in modo più coinvolgente, senza necessariamente puntare ai contenuti scritti. Foto magari che ritraggano non solo il vigneto come paesaggio, (o la cantina vuota) ma il vigneto con le persone che vi operano, raccontando il lavoro che si fa. E ben vengano il racconto del territorio e i suggerimenti concreti, soprattutto in riferimento all’abbinamento cibo vino. Vale per i consumatori stranieri, secondo Betsy Andrews, ma di sicuro vale anche per gli italiani.